domenica 24 febbraio 2008

Un intellettuale praticante

Nel secondo incontro finalizzato alla formazione politica due cose, certamente non le piu` importanti, mi hanno suscitato curiose riflessioni: le commissioni interne e l'intellettuale organico.

Pare proprio che all'inizio del ventesimo secolo, ben prima che si stabilisse la convenzione della giornata lavorativa di 8 ore, molti operai valutarono importante dedicare tempo ad iniziative politiche per il miglioramento delle proprie condizioni, attraverso l'organizzazione, nelle fabbriche, delle commissioni interne. Fa una certa impressione pensare che in condizioni molto peggiori delle attuali (soprattutto in termini di qualita` della vita) e spesso anche in situazioni di sfruttamento essi ebbero la forza ed il coraggio di lottare, indipendentemente dal nostro giudizio sui loro obiettivi.
In paragone alla situazione odierna, con le garanzie dello Statuto dei Lavoratori e con un impegno contrattuale intorno alle 1800 ore l'anno, verrebbe da pensare che forse e` proprio la mancanza di condizioni critiche a far si` che l'impegno politico, almeno in termini di tempo, sia oggi cosi` scarso. D'altro canto l'enormita` delle statistiche circa le morti nei luoghi di lavoro e le lagnanze sulle ristrettezze economiche sembrano suggerire che piu` che di mancanza di condizioni critiche si tratta di "incoscienza" del "potere contrattuale" collettivamente esercitabile con adeguate organizzazioni.
Ma tant'e`, terminata la giornata lavorativa esistono evidentemente troppe altre cose che gli operai del nostro tempo valutano piu` importanti della politica attiva.

Personalmente non saprei come classificarmi (e neppure ci tengo); io ho impegni di lavoro per circa 1000 ore l'anno, mi si qualifica impiegato tecnico, svolgo, come suol dirsi, un "lavoro di concetto"; la mia "attivita`" prevalente e` forse individuabile nelle presumibili 3000 ore di riposo, visto che le restanti 4760 (quando l'anno non e` bisestile!) le suddivido fra svariate attivita` anch'esse non retribuite, come dedicarsi a questioni domestiche e sociali, studiare, scrivere, praticare sport e suonare.
Quindi non potro` mai diventare un intellettuale organico a qual si voglia gruppo sociale... Ma considerata la mia propensione ad analizzare la realta`, correlarla al mio scopo di vita ed agire secondo una personale elaborazione di entrambe le cose, posso almeno aspirare al rango di "intellettuale praticante"!

domenica 17 febbraio 2008

Belli e impossibili

Tre giorni fa ho partecipato al primo di una serie d'incontri virtuosamente finalizzati alla formazione politica e generosamente aperti anche a chi non fa parte di organizzazioni partitiche.
I temi vengono affrontati con un taglio storico e cio` ha reso particolarmente piacevole ed utile la mia partecipazione, in quanto ha diminuito sensibilmente la mia ignoranza sul pensare politico che intrideva l'Europa nel bel mezzo del diciannovesimo secolo. Un pensare politico che, a differenza di quello contemporaneo, infonde una certa fiducia nelle capacita` intellettuali che l'uomo puo` sprigionare.
Ma avverto un'esigenza critica su un paio di concetti che sono stati ripresi nel breve dibattito conclusivo; mi avvio quindi a soddisfarla, senza tuttavia alcun proposito di estendere la critica a personaggi e avvenimenti dell'epoca... Si tratta dei concetti riferiti come "M D M" e "D M D'".

Secondo il primo (Merce Denaro Merce) la merce avrebbe, se non ho capito male, un valore di scambio che rimane costante indipendentemente dal fatto che esso venga o meno tradotto in denaro. Cioe` le merci rappresentate dalla M possono essere diverse fra loro, come in un baratto, ma in prima approssimazione esse "valgono uguale".

Allora vediamo, se ho un cacciavite a stella e devo smontare un tavolo fissato con viti a taglio col mio cacciavite ci faccio ben poco. Il mio vicino di casa mi vede in difficolta` e mi propone di barattare il suo cacciavite a taglio con il mio a stella, visto che era in procinto di comprarne uno. Potrei accettare lo scambio con l'idea che i due cacciavite abbiano lo stesso valore; invece, in cambio del cacciavite a taglio, gli do il denaro che gli serve per comprarsene uno a stella. Egli spende quel denaro per andare a comprare un cacciavite a stella da quella persona che era in procinto di venderglielo.
Ora io mi ritrovo con due cacciavite diversi che considero di pari valore e con meno denaro. Il mio vicino, secondo lo schema "M D M", ha ottenuto il cacciavite a stella che voleva, cosi` come il terzo ha ottenuto il denaro con chissa` quali intenzioni.
Si potrebbe dire che la transazione in denaro, in alternativa al baratto, non ha alterato il valore delle merci.

Trascorsa qualche settimana al mio vicino di casa regalano una pendola, che ben presto rivela di necessitare di una messa a punto... tramite cacciavite a taglio!
Allora il vicino mi propone un baratto inverso di quello che mi aveva proposto precedentemente. Secondo lui io dovrei accettare perche` i valori delle merci sono equivalenti; ma io non accetto perche` di cacciavite a stella ne ho gia` uno. Egli va allora dal terzo personaggio per restituire il cacciavite a stella e riprendersi i soldi ma questi gli dice che li ha gia` spesi e che il cacciavite a stella glielo aveva venduto proprio perche` non gli serviva piu`.
Insomma 'sto cacciavite a stella sembra valere molto meno di quello a taglio, percio` il mio vicino, pur di avere quest'ultimo, mi offre il doppio del denaro che gli avevo dato nel precedente scambio; ma non accetto... e se poi un giorno mi regalano una pendola da tarare?!

Mentre rimiro questi due cacciavite che sembrerebbero di egual valore rifletto su tutta la situazione e mi convinco che il valore della merce, anche solo in prima approssimazione, dipende soprattutto dal contesto legale (che regola proprieta` e commercio) e da come si configura, nella sua dinamicita`, il mercato. Ma se uno stesso oggetto puo` avere valori diversi in funzione del mercato che senso pratico puo` avere rifarsi ad uno schema in cui due merci diverse sono di egual valore come implica il concetto di "M D M"?

E il "D M D'"?
Questo schema sottende il concetto capitalistico secondo il quale il denaro viene scambiato con merce e questa di nuovo in denaro ma ad un valore maggiore; cioe` lo scopo degli scambi e` aumentare il capitale. Poiche` "nella M" s'intendono incluse anche le prestazioni umane salariate si dovrebbe concludere, se non ho frainteso, che in una societa` "affetta" da capitalismo esiste un insanabile conflitto tra l'operaio ed il capitalista che ne sfrutta l'opera per accrescere il proprio capitale.
Ma come l'"M D M" anche il "D M D'" vale solo in casi particolari; infatti nella nostra cultura ogni persona viene educata in modo tale da ricoprire, nella societa`, entrambi i ruoli. Cioe` ciascuno di noi, per vivere, e` indotto a svolgere sia funzioni da capitalista che da operaio, almeno in termini qualitativi; poco importa che poi, in termini quantitativi, chi riceve da una banca gli interessi per miseri risparmi depositati sia "molto meno capitalista" di chi specula in borsa. Insomma anche chi vive condizioni di reale sfruttamento subisce il fascino del gruzzolo che lievita... E anche fra i capitalisti piu` affermati di tanto in tanto c'e` qualcuno che si presenta come "infaticabile lavoratore", "presidente operaio" e via dicendo.
Poter ricondurre i grandi problemi dello sviluppo sociale al conflitto tra sfruttatore e sfruttato e contestualmente tracciare un confine netto tra le due categorie sarebbe bello... come il "D M D'"... bello e impossibile.

Piu` in generale direi che se si vuol comprendere e migliorare la societa` in cui si vive non e` il caso di confondere l'importanza storica di una teoria con la sua validita` tecnica.